Agricoltura Moderna - Ecco il progetto "Olivoteca d'Italia"

by pasquale di lena
In Italia abbiamo 224 milioni di alberi di olivo. Patrimonio unico. Sui 12 miliardi di alberi che
danno ambienti e paesaggi spettacolari a questo nostro Paese, sono 224 milioni gli alberi di olivo che ricoprono 1,1 milione di ettari di superficie coltivata a oliveto in Italia. Quattrocento sono levarietà autoctone. Un patrimonio enorme di biodiversità alla base del progetto “Olivoteca
d’Italia”, che sta acquisendo negli ultimi giorni, grazie soprattutto agli organi d’informazione, una sua notorietà. Oltre cento di queste varietà, quindi più del il 25%, sono diffuse in Campania,mentre nel Molise sono 18 le varietà autoctone classificate, con la “Gentile di Larino” che domina su tutte le altre, in quanto a numero di piante coltivate (1 milione sui 3 milioni di quelle che coprono la superficie olivetata della Regione). Un patrimonio unico al mondo, se è vero che la Francia ne ha solo 53, seguita da Portogallo 24, Spagna 20, Croazia 16, Grecia 13, Magreb 39 (Nord africa), l’Asia 66 e l’ America, appena 4. In pratica l’Italia dell’olivo raddoppia il patrimonio di varietà sparse sui vari continenti (233), con 124 di esse dei Paesi, sopra citati, che si affacciano sul Mediterraneo, e 109 accreditate ai rimanenti Paesi del mondo. Sta qui la ragione dei 350 tipi di olio che, ad oggi, il nostro Paese è in grado di porre all’attenzione del consumatore- ricercatore di qualità del mondo. Con l’Italia è il mediterraneo, con le sue 500 e più varietà, il bacino della biodiversità dell’olivo.
Una coltivazione che in Italia dà una produzione media di 6 milioni di quintali di olio, con il Molise che partecipa con poco più di 50 mila quintali, l’1%. Poca cosa sotto l’aspetto della produzione, ma un “poco” che diventa “tanto”, se si tiene conto della qualità degli oli molisani e cosa hanno significato, soprattutto l’olio di Venafro e, poi, quello di Larino, per la storia dell’olio in Italia.
A questo primato della biodiversità c’è da aggiungere quello delle Dop (Denominazioni di origine
protette) e una Igp (Indicazione geografica protetta), bel 37 sulle 98 Dop riconosciute dalla Ue. Per il Molise, la sola Dop “Molise”, che è quella che ancor più qualifica e certifica i nostri oli.
L’olivo è tanta parte del paesaggio agrario italiano (ad eccezione della Valle d’Aosta), soprattutto della fascia appenninica e delle isole, ed è tanta parte di quel tesoro verde rappresentato dagli alberi, in particolare di quelli detti “monumentali” per la loro grandezza e maestosità e per la loro età. I duemila anni dell’olivo di Canneto, a Fara Sabina in provincia di Rieti, raddoppiati dall’olivo di Luras, vicino a Tempio Pausania, in provincia di Sassari, detto olivo di Santu Baltolu, chiamato localmente “Sozzastru”, che si può, a ragione, considerare, con i suoi 4 mila anni di vita, il padre di tutti gli olivi.
Anche nel Molise ci sono numerosi patriarchi da andare a visitare. Alcuni, anche di 700/800 anni, vegeti a Portocannone, grazie all’azione emerita di anni fa del professor Giuseppe Battista di Larino che li ha messi sotto una rigida protezione. Senza tale “salvaguardia” sarebbero già stati divorati dalla speculazione o, anche, dalla stupidità degli uomini, visto che non hanno più rispetto
del tempo e di chi questo tempo riesce ancora a raccontarlo per dare linfa all’identità di un territorio, di una persona, di un popolo.
Anche a Larino ce ne sono esemplari plurisecolari. Ultimamente ne abbiamo trovati alcuni, davvero maestosi, nell’oliveto della famiglia Di Palma, lungo la Bifernina, dopo il ponte dello sceriffo.
Si sa che l’olivo, con il suo olio, vuol dire bontà della cucina, salute, benessere, ma, anche, paesaggio, ambiente, storia, cultura, e, perché no, memoria. In pratica territorio.
L’Olivoteca d’Italia, progettata quale scrigno che rappresenta queste peculiarità dell’olivo e del suo olio, una volta realizzata, servirà a raccogliere questo patrimonio unico di biodiversità per salvaguardarlo e tutelarlo ed a dare ai nostri deliziosi oli extravergini di oliva un’immagine vincente, in modo da renderli competitivi sui mercati.
Essa ha, anche, il significato di una dedica doverosa al re degli alberi ed a quel mondo dei produttori e degli altri operatori della filiera che, anche di fronte a crisi pesanti, continuano a produrre per l’amore grande che vivono per questa preziosa pianta.

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