FOCACCIA BLUES

Sta per uscire il film “Focaccia blues”, il documento fiction “made in Puglia”, che racconta la storia vera di un panettiere, Luca Digesù, di Altamura, che, qualche anno fa, non si è messo paura della calata nel piccolo delizioso centro della Murgia, in provincia di Bari, del colosso della distribuzione dei pasti, Mc Donald’s. Ha sfidato questa potentissima multinazionale del fast food con l’unica arma in suo possesso, l’arte del pane e della focaccia o, se volete, della pizza lievitata e infornata con pomodoro, oli extravergine e profumato origano. Ha vinto costringendo il colosso della ripetitività e della totale mancanza di fantasia a chiudere, cioè a ritirare, come si diceva qualche anno fa, armi e bagagli e ripartire da Altamura con la coda in mezzo alle gambe.La vittoria del fornaio è la vittoria del territorio e della identità che esso esprime nelle persone che hanno il rispetto delle proprie origini con i valori della storia, cultura e tradizioni.Chi ama la propria terra ha dentro di sé questi valori e non è disposto a barattarli con nessun altro, e, soprattutto, a svenderli. Non si lascia incantare e, meno che mai, influenzare, sapendo che farlo vorrebbe dire mettere in discussione la propria identità.Solo chi ama la propria terra ed ha il rispetto pieno della propria identità riesce a prendere dagli altri il meglio espresso da altri territori senza rimanere inquinato, ma solo ammirato. Come dire, sono incantato dai profumi e dai sapori di questo o quel vino o di questo o quell’olio, ma quello che assaporo meglio è la Tintilia o l’olio Gentile di Larino, perché è mio.Il colosso McDonald’s, non si pone questi problemi, pensa solo a come fare soldi e, con i soldi, a distruggere quanti si mettono di traverso sulla sua strada. Tutti, ma non Luca il panettiere di Altamura, che, con la sua determinazione, ha fatto scappare una potenza a livello globale e, con questa sua azione, è riuscito perfino ad ispirare un film, presentato l’altro giorno a Roma da un pugliese doc, il foggiano Renzo Arbore.Il nostro augurio è che questo film abbia successo e il coraggio di Luca Digesù faccia riflettere i più, soprattutto quelli che ogni giorno, in mancanza di rispetto per la propria identità, maltrattano, deturpano, distruggono l’unico vero bene che abbiamo: il territorio.Noi lo speriamo.La notizia ha fatto tornare a galla una riflessione che portiamo avanti da qualche anno, in particolare da quando abbiamo letto che la popolazione mondiale continua a crescere e che, nel 2050, saremo 9 miliardi di persone, di fronte ai 6,8 attuali, e che sarà il terzo mondo ad assorbire in misura preponderante questa crescita. Un dato che pone molte domande (fame, flussi migratori, scambi commerciali, vivibilità, risorse, disponibilità di terra e altre ancora), ma noi proviamo, sulla base di quanto sopra raccontato, a vedere se il cibo sarà sufficiente per tutti e, all’interno della domanda di cibo, quale sarà il ruolo che serve a far svolgere alla nostra agricoltura, visto che agricoltura è cibo, anche se molti, soprattutto i politici e i governi di questo nostro Paese non lo sanno o fanno finta di non sapere.La nostra agricoltura, con la sua naturale vocazione alla produzione di prodotti di qualità, vere e proprie eccellenze enogastronomiche, non è in grado di rispondere alla domanda della quantità posta da un mondo, che già nel 2012 aumenterà di 200 milioni di abitanti e, nel breve tempo di 40 anni, cioè 2050, di altri due miliardi di persone, che hanno bisogno di cibo per mangiare. In pratica di nuove terre da coltivare, nuove tecnologie, centralità dell’agricoltura, governo dei processi produttivi e distributivi e, soprattutto, lotte contro chi vuole continuare ad approfittare di questi bisogni per aumentare i profitti (industria farmaceutica, multinazionali dell’agroalimentare e della distribuzione) e vietare ogni concorrenza. Per esempio le produzioni delle eccellenze e degli alimenti naturali, pur sapendo che così come si presenterà il globo nel futuro, diviso nettamente in due, tra quelli che possono permettersi il lusso delle eccellenze e quelli che si devono accontentare di tutto pur di mangiare, la concorrenza non ha alcuna ragione di essere. Lobby potenti che decidono, da tempo, le sorti del mondo assoldando i governi nazionali e sovranazionali che, sulla base delle loro indicazioni, continuano a impoverire il mondo e a renderlo una discarica di rifiuti difficili da riciclare, pur sapendo che ci sono alternative al petrolio, al nucleare. Spetta a noi, e ad altri Paesi portati a produrre eccellenze, sconfiggere la logica di queste potenze per affermare il ruolo che spetta all’agricoltura e il valore complesso e decisivo del territorio che sta alla base di queste eccellenze. Non ci sono altre possibilità, soprattutto per il nostro Paese, non avendo le caratteristiche di un’agricoltura solo intensiva in grado di produrre quantità per le multinazionali, ma solo quelle di produrre e mettere sul mercato le eccellenze che possono interessare centinaia di milioni di persone, quelle che hanno le possibilità di spendere e acquistare le nostre bontà.Bisogna decidere subito, convinti che questa è l’unica strada possibile per rilanciare la nostra agricoltura e renderla strategica di quel sviluppo diverso di cui ha bisogno il Paese per uscire dalla pesante crisi che lo attanaglia. La centralità dell’agricoltura è fondamentale per lo sviluppo delle eccellenze dell’agroalimentare italiano e serve, soprattutto, al nostro meridione che, per quanto riguarda la qualità e la diversità delle produzioni, è ricco di enormi potenzialità.Una scelta di grande attualità che spetta al governo centrale ed al Ministro dell’Agricoltura, alle Regioni ed alle altre istituzioni, alle organizzazioni del mondo agricolo e imprenditoriale fare, senza ripensamenti, per adattare ad essa le politiche necessarie che servono a cogliere, con successo, gli obiettivi che il futuro del mondo mette a disposizione.
di Pasquale Di Lena 11 Aprile 2009 TN 14 Anno 7
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