QUANDO LARINO (3). IL BISOGNO DI UNA NUOVA SCOSSA

Ci siamo stancati di portare pioggia e freddo. Promettiamo che ci comporteremo meglio da ora in poi. Come si sa noi vento fastidioso, siamo anche dispettoso. Vogliamo riprendere il discorso dell’altro giorno, quando abbiamo parlato di Donna Carolina Battista, la donna che ha portato a luce a Larino e che aveva paura della scossa. Il racconto che abbiamo fatto è stato possibile grazie a un documento che riserva una chicca in premessa, che merita di essere ripreso perché di profonda attualità. È firmato da Antonio Barretta, giornalista del Corriere delle Sera, che qualcuno sostiene essere di Larino. Scritto agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso, comincia così “la scienza, la tecnica, la grande industria, le nuove fonti di energia, sono questi i termini del mondo moderno. Ma al centro di tutto questo è sempre l’uomo con i suoi sentimenti, il suo spirito animatore………una donna, una donna modesta e senza erudizione, può avere nel suo spirito un’energia che è superiore a quella elettrica, perché la comanda”.
È vero, perché la comanda e perché, lo diciamo noi, è donna. Noi siamo sempre stati convinti della capacità della donna di decidere, perché quando le è stata data questa possibilità ha dimostrato di essere più capace dell’uomo. In questo senso Larino ha bisogno d giovani e, soprattutto , di tante donne come Donna Carolina per uscire dalla situazione di stallo in cui vive da decenni e ritornare a dettare i ritmi del progresso politico, civile, sociale ed economico del suo territorio, del circondario e del Molise. È una necessità e, onestamente, per tutt’una serie di ragioni, è il solo paese che può avviare questa rivoluzione, visto che sono solo pezze e, spesso, inadeguate, quello che si vogliono utilizzare per un vestito consunto qual è quello rappresentato dal fallimento del tipo di sviluppo che sta impoverendo il Molise sempre più. Il rischio è di un non ritorno, che vuol dire la fine di una Regione che non può reggere, con i processi in atto d spopolamento di 130 paesi a vantaggio di una concentrazione di popolazione nei rimanenti sei. È la fine del Molise, anche perché tutto quello che qui succede dipende dalle risorse pubbliche e dallo spreco delle sue risorse, vedi il territorio e, con il territorio, il grande potenziale dell’agricoltura e della attività ad essa collegate.
Un tema che merita di essere sviluppato con più calma perché fondamentale per l’affermazione che abbiamo fatto poc’anzi. Torniamo a Larino ed al modo di come la introduce Barretta. “una cittadina, più simile a un grosso paese che a una piccola città. Esiste da millenni….più volte distrutta. Dopo ogni distruzione essa è rinata…..” . E’ questa capacità di rinascita che deve convincere i giovani a darsi da fare perché ci sono le basi per ripartire. Non basta, però, crederci, bisogna anche pensare, progettare e creare. Se ci è riuscita Donna Carolina a 62 anni, vedova e con 12 figli da accudire, perché non ci può riuscire un giovane o, meglio, gruppi di giovani? Ma andiamo avanti con la lettura dell’articolo di Barretta per sottolineare una verità che appartiene ai larinesi e cioè “Questa cittadina, si vanta soprattutto di essere più antica di Roma e di aver dato i natali a Cluenzio…che fece parlare Cicerone, il quale la immortalò nel suo “Pro Cluenzio”……..Dal lato storico la cittadina è illustre. Ma oggi è un’altra cosa!........Tra frutteti, campi di grano e di granturco ed altra vegetazione, quel che conta è la ricchezza dei suoi oliveti, tanto folti e vasti da apparire autentici boschi di un bel colore verde argenteo” Lasciamo respirare il nostro autore per sottolineare la attualità di questa analisi riferita alla realtà di fine ‘800, quando “La cittadina produce quanto basta per sé…..tranne che per una buona parte del’olio di oliva, non esporta nulla o quasi nulla dei suoi prodotti agricoli……di conseguenza non è ricca. Direi anzi che è una cittadina povera, di una povertà che ha sempre alimentato l’emigrazione dei suoi lavoratori verso ogni dove” Per continuare, poi, quasi a infierire sui larinesi scrivendo “Ma la cittadina molisana si ripaga di questa sua decorosa povertà, del suo non certo felice destino, rituffandosi pacatamente….. nell’orgoglio dei suoi millenni di storia, che praticamente - si sa – non serve a nulla ( solo se uno si sciacqua solo la bocca senza farla fruttare. ndr) per risollevare le sorti economiche delle collettività. Forse per tutto questo, alita in quella cittadina una certa aria di torpore e di sonnolenza, propizia a non far accadere mai nulla di rimarchevole”. A questo punto, fatta questa premessa, la stoccata finale per dire “Eppure, verso la fine del secolo scorso si verificò laggiù, stranamente un fatto significativo, in conseguenza di un improvviso risveglio dovuto a una privata iniziativa” ed è quella che abbiamo raccontato la volta precedente, la storia bella e significativa di Donna Carolina.
La luce elettrica, che insieme alla scossa, ha portato ricchezza; gli altri mulini e il Pastificio Colagiovanni, che nel 2003 vince la medaglia d’oro alla esposizione di Bruxelles; i quasi 30 frantoi e altre piccole e grandi iniziative tutte collegate alla sua risorsa primaria, l’agricoltura, che cancellano l’immagine di un paese povero, ma ricco di iniziative nel campo agroalimentare e della cultura. Più di cent’anni fa la scossa che portò Larino a vivere meglio di altre realtà tutta la metà del ‘900, caratterizzata da grandi guerre e depressione economica. C’è bisogno di un a nuova scossa e bisogna trovarla in tutto quello che uno ha, l’agroalimentare e le risorse culturali, per avere in mente il futuro e uscire fuori da una situazione fallimentare com’è quella che mostra la crisi attuale.
U faùneie

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