1° MAGGIO


1° Maggio, grande Festa dei Lavoratori, che quest’anno raccoglie le paure del terremoto; i disastri delle frane; le porcate di Berlusconi, che ha fatto dell’Abruzzo e de L’Aquila il palcoscenico per una nuova campagna mediatica dopo quella della immondizia a Napoli; il pianto delle veline che non sono più candidate e il tentativo di suicidio di un padre che ha perso così la speranza per dare un futuro migliore ad una figlia bella; le divisioni nel mondo del lavoro; i proclami del nostro ministro delle Finanze – c’è ancora chi pensa che questo signore dalla erre moscia sia in grado di dire qualcosa di buono?- che ci vuol far credere che la crisi, la pesante crisi è ormai alle nostre spalle e che possiamo alzare lo sguardo e guardare il futuro nostro e, soprattutto, dei nostri giovani, con fiducia. Sapendo che non è così, e se, invece, pensa che è così, è uno che non pensa (per quanto ci riguarda non abbiamo dubbi) o pensa solo ai suoi interessi.
Un 1° Maggio che raccoglie il pianto e lo strazio di genitori, figli, coniugi, parenti e amici di quanti sono morti in una fabbrica, su un cantiere, nei campi, mentre lavoravano. Quanti non ci sono più. L’ultimo, un muratore, l’altro giorno a Termoli. Quelli, come dicono i giornali, delle “morti bianche” che, per quanto ci riguarda, non siamo mai riusciti a capire il significato.
Non so se sono considerate e, se sono considerate, sono morti bianche le donne che trovano la morte in casa mentre fanno le casalinghe, un lavoro dovuto secondo il pensiero di una società maschilista che, solo per questo, ha l’impronta della disuguaglianza e della ingiustizia e, come tale, da cambiare per far vivere la democrazia, la libertà, la solidarietà, il rispetto, il sogno, l’utopia, gli ideali, la creatività, l’onestà, l’unità.
Alle donne ed agli uomini vittime sul lavoro, che non ci sono più, vogliamo prioritariamente dedicare questo nostro 1° Maggio. Poi alla classe operaia, che il potere, grazie alla cultura del consumismo sfrenato ed ai valori propagandati dalle televisioni, è riuscita a nascondere. Per questo la nostra dedica anche ai valori propri della classe operaia che sono serviti a liberarci dal fascismo e dal nazismo; salvare le fabbriche dalla mania di distruzione dell’esercito che, con il servilismo e la stupidità del regime, occupava il nostro paese; ripartire dalle macerie e ridare slancio ad un paese uscito a pezzi da 20 anni di fascismo e dalla guerra che ha contato morti, disastri e bisogno di pane di milioni di italiani; predicare la pace, difendere la libertà e la nostra Costituzione; rilanciare le istituzioni.
Oggi più che mai c’è bisogno della classe operaia e dei suoi valori. In pratica di quelli che si riconoscevano compagni, cioè che avevano il gusto di dividere il pezzo di pane e di metterlo a disposizione di tutti. Di quelli che sudavano e, mentre sudavano, pensavano per sé e per gli altri, e, soprattutto sognavano un domani migliore per tutti. Un bisogno urgente in questa fase in cui domina l’egoismo, la miseria culturale, il non rispetto, una strana interpretazione della solidarietà, la mancanza di creatività e di partecipazione.
Un 1° Maggio che deve raccogliere questo bisogno e saperlo diffondere tra i giovani per dare ad essi gli strumenti indispensabili per costruire un domani migliore. Sapendo che è ora il momento di convincere e costruire i protagonisti di questo nuovo domani.
U faùneie

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