E VAI!


Dopo Il doveroso pensiero ad una giornata importante, per noi e per quanti hanno avuto modo di viverla, nel passato, tutto l’anno con il messaggio che essa riusciva a dare, siamo tornati al nostro lavoro di ricercatori di notizie che ci hanno colpito ultimamente per riportarle a quei pochi che ancora ci sopportano, sapendo che siamo noti come quelli che portano la pioggia (cuisse è faùneie, demane chióve). E così, poniamo alla vostra attenzione un articolo che ci è particolarmente piaciuto ( lo proponiamo integralmente), pubblicato dal quotidiano La Reubblica di oggi, a firma di Adriano Sofri.
Una lettera aperta, all’impronta della sincerità e della sana ironia, che spiega, prendendo spunto dalla questione politico-famigliare di Berlusconi e della “Signora”, qual è il pensiero del popolo e i rischi che corre Berlusconi nel momento in cui si adopera, con tutti i mezzi e, soprattutto con i suoi servitori in Parlamento e con le sue televisioni, per diventare idolo di questo nostro amato Paese. Basta poco per diventare mito e, come tutti sanno, i miti prima vengono messi sui piedistalli e poi vengono abbattuti. La cosa bella è che tutto succede in un attimo. Questa storia di Veronica ci ha ancor più convinto che il solo capace di scalzare Berlusconi è lo stesso Berlusconi. La sola nostra speranza è che questo suo impegno lo porti avanti con determinazione e lo concluda in tempi brevi. Chi altro? L’opposizione? Basta vedere quella che circola per Larino, in Regione, per capire che non succederà. Non solo perché, scusate questa mia volgarità, non ne hanno le palle, ma perché la pensano come Berlusconi, si sentono anche loro un po’ Berlusconi, sperano di diventare Berlusconi, invidiano, per carenze culturali o per mire personali, Berlusconi. Non hanno alcuna possibilità di essere alternativi a Berlusconi. E in questo modo bisogna ringraziare chi fa questo tipo di opposizione perché non ostacola la costruzione del mito e, quindi, la sua fine.
Dicevamo la storia di Veronica e del mito. È bastato un attimo di silenzio dopo le dichiarazioni della signora per scatenare fans di Berlusconi e riempirla di insulti e, perfino, minacce, solo perché si è messa contro il loro idolo.
A proposito di fans c’è da registrare che ci sono anche i coltivatori diretti della coldiretti nel ricordo del vecchio Bonomi, che aveva il culto per il potere del suo tempo, chiesa e democrazia cristiana. Oggi chiesa e Berlusconi.
E vai!
U faùneie






IL COMMENTO
Se Veronica diventa preda
di ADRIANO SOFRI

Gentile Silvio B., le dirò alcune cose sincere, da uomo a uomo. Noi uomini non siamo abituati a dirle, e tanto meno ad ascoltarle. Vale per quasi tutti noi, non solo per i bugiardi più spericolati come lei. Noi (con qualche rarissima eccezione: ci sono anche uomini davvero nobili d'animo, ma non ci riguarda) sappiamo bene di che porcherie si tratti, sia che le pratichiamo, come lei ostenta di fare, sia che ci rinunciamo, perché abbiamo imparato a vergognarcene, o semplicemente perché non abbiamo il fisico. Lo sa lei, lo so io. Mi hanno raccomandato di non perdermi i giornali a lei vicini: non li ho persi. Ho scorso gli editoriali, ho guardato le fotografie. Sa che cosa ho pensato? No, non che mi trovavo di fronte a qualche colonna infame, questo era ovvio, l'ha pensato chiunque. Ho guardato le fotografie - una giovane donna, un'attrice, che si scopre il seno - e mi sono chiesto come sia stato possibile che una giovane donna così bella dedicasse la propria vita a uno come lei. E' successo anche a me, mi interrogo anch'io: come sia possibile che giovani donne così belle e intelligenti dedichino la propria vita a uomini come noi. Naturalmente, un po' lo sappiamo come succede. Che carte abbiamo in mano, per barare. Siamo volgari abbastanza per riconoscere la reciproca volgarità. Semplicemente, ci teniamo a bada un po' di più di quanto faccia lei. Dicono tutti che gli italiani la invidiino. Sinceramente, nemmeno a questo credo. La guardo, dalla testa ai piedi, e non ci credo. Gli italiani hanno, come tanti maschi del mondo, un problema con la caduta dei capelli. Ma sanno bene che la sua non è la soluzione. Lei stesso lo sa, e non deve farsi troppe illusioni. Il cosiddetto populismo è traditore. Uno crede di aver sostituito ai cittadini un popolo, al popolo un pubblico, al pubblico una plebe: ed ecco, proprio mentre passa sotto l'arco di trionfo del suo impero di cartapesta e lancia gettoni d'oro, parte un solo fischio, e la plebe d'un tratto si rivolta e lo precipita nel fango. L'Italia è il paese di Maramaldo, e io non voglio maramaldeggiare su lei: benché sia ora di rovesciare le parti di quel vecchio scurrile episodio, e avvertire, dal suolo su cui si giace, al prepotente che gl'incombe sopra che è un uomo morto. Noi c'intendiamo: abbiamo gli stessi trucchi, dimissionari o no, pentiti o no. Siamo capaci di molto. Di esibire le nostre liste alle europee, e vantarcene: "Dove sono le famigerate veline?" dopo aver fatto fare le ore piccole ai nostri esasperati luogotenenti a depennare capigliature bionde. Di dire: "La signora" (non so se lei ci metterebbe la maiuscola: fino a questa introspezione non arrivo), sapendo che la signora di noi sa tutto, e anche delle liste elettorali prima della purga. Magari la signora la lascerà, finalmente, e lei le scioglierà addosso la muta dei suoi cani. Diventerà la loro preda prediletta. Ma nel Parlamento Europeo (le maiuscole ce le metto io: un tocco di solennità non fa male) ci si ricorderà di Veronica. Capaci perfino di chiamare "maleodoranti e malvestite" le deputate dell'altro schieramento: ci ho pensato, e le dirò che almeno a questo non credo che avrei saputo spingermi. In fondo lei è fortunato: le circostanze le permetteranno fino alla fine di restare soprattutto un poveruomo desideroso di essere vezzeggiato e invidiato e lusingato da ammiccamenti e colpi di gomito dei suoi sudditi, a Palazzo Chigi o sul prossimo colle, mentre padri di famiglia minacciano di darsi fuoco perché la loro bellissima bambina non è stata candidata, e vanno via contenti con la sua camicia di ricambio. In altre circostanze avrebbero potuto succederle cose terribili. Nel giro d'anni in cui lei e io nascevamo morirono chiusi in due distanti manicomii, perfettamente sani di mente, la signora Ida Dalser e suo figlio Benitino, che facevano ombra al capo del governo. Allora lo Stato era più efficiente di oggi, e misero mano a quella soluzione medici, infermieri, direttori di ospedali, questori, prefetti, commissari di polizia, segretari di fiducia. Altro che lo scherzo delle belle ragazze nelle liste elettorali. Dipende tutto dall'anagrafe. Per ora molti italiani (e anche parecchie italiane: le è riuscito il gioco di far passare la cosa come una rivalità fra giovani e belle e attempate e risentite) ricantano ancora il vecchio ritornello: "Tra moglie e marito...". Di tutti i vizi nostri, quello è il peggiore. E' la incrollabile Protezione civile dei panni sporchi da tenere sporchi in famiglia, delle botte e delle violenze a mogli e bambini, delle malefatte di padri spirituali al segreto del confessionale, fino a esploderci nelle mani quando il delitto d'onore appena cancellato dal nostro codice si ripresenta nelle figlia ammazzata in nome di qualche sharia. Non mettere il dito: no, a condizione che non si sentano pianti troppo forti uscire dalle pareti domestiche. O, anche quando la casa è così ricca e i muri così spessi, non sia la moglie a far sapere che cosa pensa. Che né il denaro né il soffio della Storia (Dio ci perdoni) le basta a tacere il suo disgusto. Invidiarla, gentile presidente? Mah. Ammetterò che, reietto come sono, una tentazione l'ho avuta. Non mi dispiacerebbe avere un ruolo importante nell'Italia pubblica di oggi, per le nuove opportunità che si offrono a chi sappia pensare in grande. E' da quando ero bambino che desidero fare cavallo uno dei miei senatori.
(1 maggio 2009)

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