Tintilia del Molise, Pasquale Di Lena scrive all'Assessore all’Agricoltura Nicola Cavaliere

da INFORMAMOLISE.COM


Caro Assessore,
non so se è stata portata alla Sua attenzione l’iniziativa delle modifiche dei disciplinari di produzione de vini doc del Molise, così come riportata dal Bollettino della Regione Molise, che le ha pubblicato da tempo. Non avendo ricevuto, quale membro del Comitato vitivinicolo regionale, indicato dalla Cia del Molise, informazioni riguardo alla cancellazione di questo importante strumento nominato dall’Assessore Di Sandro che l’ha preceduto, devo pensare che questo organismo meramente consultivo, voluto dalla Regione Molise, è ancora vivo.
E se è così perché, visto i compiti specifici della commissione su citata nel campo vitivinicolo, non è stato coinvolto per continuare a discutere un tema fondamentale per lo sviluppo e l’immagine della nostra vitivinicoltura? Un comparto produttivo che, negli ultimi anni, grazie alla scelta della qualità della Regione ed alle iniziative dei produttori, ha registrato una trasformazione profonda con nuovi imprenditori, soprattutto giovani, impegnati a fare grande il vino molisano. E, nel caso, invece, di un coinvolgimento pieno di questo comitato, mi farebbe piacere sapere il perché della mia esclusione alla partecipazione agli incontri che hanno preparato e predisposto le modifiche di cui prima parlavo.
È importante per me saperlo, anche per riferire alla associazione che mi ha delegato in questo compito. Una questione di rispetto alla quale io tengo in modo particolare.
Fiducioso in un suo cenno di riscontro in merito, vengo a porre alcune mie osservazioni alla modifica del disciplinare "Molise o del Molise", così come riportata dal Bollettino ufficiale della Regione, e, in particolare, alla proposta di una nuova doc "Tintilia del Molise" che, così come impostata, va a snaturare l’immagine di questo grande vino molisano. Oltretutto, a distanza di poco tempo dalla sua riscoperta e nella fase più delicata, qual’ è quella dell’avvio di un’azione di marketing che serve per far conoscere, prima ai molisani e poi al resto dell’Italia e del mondo, un prodotto che esprime, più di ogni altro, l’immagine della vitivinicoltura regionale. Un prodotto, come si sa, abbandonato agli inizi degli anni ’60, quando le scelte politiche in campo vitivinicolo hanno privilegiato lo sviluppo di questo comparto nel Basso Molise, in particolare la fascia litoranea, a scapito del Centro e dell’Alto Molise, l’area di adozione di questo vitigno. La scelta di un’area ha comportato anche la scelta di vitigni autoctoni di altre Regioni, in particolare quelle limitrofe, facendo rischiare la scomparsa totale della "Tintilia" e, con essa, la scomparsa della vitivinicoltura nelle aree interne.
Solo la memoria di due o tre appassionati ha permesso il recupero di questo vitigno che, tutt’ora, rappresenta poca cosa in estensione di superficie vitata, ma non di immagine del vino molisano, soprattutto se si lascia al tempo, alla passione dei produttori ed all’attenzione delle istituzioni, la possibilità di eleggerlo a testimone, vero e grande, del territorio vitivinicolo molisano.
È troppo poco il tempo trascorso per una sua piena affermazione e, come si sa, la fretta rischia di rovinare da subito il testimone principe di cui ha forte bisogno la vitivinicoltura molisana e lo stesso Molise.
Scomporre, in questa fase, una immagine recuperata con tanta fatica e, per certi aspetti, anche casualità, vuol dire distruggere il lavoro portato avanti fino ad ora e, comunque, annientare ogni possibilità di rendere il vino "Tintilia" testimone reale del territorio molisano.
Non avendone un altro a disposizione, con le nuove proposte inserite nel disciplinare, si va a perdere la figura di un testimone importante per elevare l’immagine complessiva di un territorio.
Sempre che queste modifiche trovino l’approvazione degli organi competenti, in particolare il Comitato Nazionale per tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine dei vini italiani.
Eventualità per me remota, conoscendo questo importante organismo, sempre attento alle caratteristiche dei vini oggetto di riconoscimento o di modifiche, soprattutto a tutti gli elementi che ne attestano l’origine, l’uso, la tradizione di un bene che è patrimonio del territorio e, quindi di ogni molisano, prima ancora che di ogni singolo produttore.
Quando parlo di scomposizione di immagine di un vino, da sempre conosciuto come vino rosso (tinto), con tutte le peculiarità di questa tipologia, mi riferisco alle nuove tipologie che si vogliono ricavare dall’uva "Tintilia" che, di fatto, vanno a spezzettare l’immagine di sempre di questo vino che, oltretutto, se resta tale rende più facile la sua promozione e valorizzazione e accorcia i tempi di riconoscimento della sua vera immagine.
"Tintilia" rosato; "Tintilia" spumante, anche nella versione rosato, e poi "Tintilia" passito, cioè ben quattro nuove tipologie aggiuntive a quella nota da sempre, "rosso", solo per il piacere di sopperire ai calcoli sbagliati di qualche produttore, che ha pensato subito di far concorrenza al Brunello, soprattutto nel rapporto qualità prezzo, o di far divertire qualche bravo enologo, mettendo in campo proposte valide solo a dimostrare le sue capacità tecniche.
Si dà il caso che la "Tintilia" non è un giocattolo, ma un bene prezioso che non può essere maltrattato da chi non ha ben chiari gli elementi complessivi che animano il marketing, dove il rapporto qualità- prezzo ha un significato prioritario per l’affermazione delle peculiarità organolettiche del prodotto e del carattere del produttore, soprattutto quando né l’uno né l’altro sono conosciuti ed hanno da sudare sette camice per affermarsi su un mercato globale, caratterizzato da forte concorrenza e dalla presenza di migliaia di protagonisti.
Tutto questo per dirLe che, volendo pensare ad una modifica del disciplinare del vino"Tintilia", era ben altra la strada da percorrere, quella che va in direzione opposta e che ha come obiettivo il rafforzamento dell’immagine di questo nostro prezioso vino, con la ricerca di riconoscimenti ai livelli più alti della piramide. Tutto questo per una sua più facile identificazione da parte del consumatore; possibilità di ampliamento dell’area di produzione, in modo da dare ai produttori dei territori esclusi, la voglia, espressa da tempo, di produrre e valorizzare questo singolare e straordinario vino.
Voglio ricordare a chi ha proposto le modifiche al disciplinare ed a quanti le hanno discusse ed approvate, che la qualificazione "riserva" non ha niente a che vedere con l’altitudine alla quale è situato il vigneto, ma essa fa riferimento alla sola possibilità di invecchiamento di un vino, specificando il tempo prima della immissione al consumo.
Sono a ringraziarLa per l’attenzione e mi creda a Sua completa disposizione se vuole approfondire ancora meglio la questione. In attesa Le invio i miei migliori saluti.
Pasquale Di Lena



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