ANNOZERO



Una trasmissione esemplare quella di Annozero di ieri sera, che ha visto la presenza, insieme, di Gino Strada, del Ministro Italiano alla Difesa, Ignazio La Russa, e del consulente, dal 2004, del centro Internazionale per gli studi strategici a Washington, Edward Nicolae Luttwak.
Ebreo, quest’ultimo, di origine rumeno, vive in America ed è conosciuto per le sue pubblicazioni sulle strategie militari e politica interna americana, fra le quali una di grande successo, essendo stata tradotta in 14 paesi, dal titolo molto significativo “Colpo di Stato: un pratico manuale tascabile”.
Assiduo frequentatore delle nostre televisioni come opinionista fa pensare che è più il tempo che vive in Italia che in America.
Gino Strada era seduto alla destra di Santoro ed aveva di fronte gli occhi di La Russa e il labbro superiore sporgente sotto i grandi occhiali da vista di Luttwak.
Era come vedere un animale ferito, ma per niente indomito, di fronte a due belve assatanate che lo aggredivano per dire, in pratica, che la colpa di quello che era successo con il rapimento dei nostri connazionali operatori di Emergenzy nelle mani dei servizi segreti afgani(?), era sua.
Sua perché è uno che si prende il lusso di ripudiare la guerra e, per di più di intralciare, con i suoi ospedali e azioni umanitarie in un territorio nelle mani della guerra, chi vuole salvare l’umanità, o, meglio, la civiltà del consumismo che appartiene ad ognuno di noi. In pratica, un amico dei terroristi nel momento in cui aiuta le popolazioni colpite dalle bombe, soprattutto bambini innocenti presi di mira come fossero soldati.
Una specie di condanna a morte, a prescindere, che ha permesso al nostro Ministro di strumentalizzare la vera questione per farsi propaganda nei confronti dei nostri soldati impegnati in Afganistan e delle loro famiglie, accusando Strada di essere un pericolo per questi nostri giovani.
Un La Russa spietato, come sempre, con il suo sorriso a nascondere, come ha sottolineato il direttore de l’Unità, Concita De Gregorio, le sue buone maniere nei confronti dei giornalisti e il suo passato di sanbabilino, cioè di frequentatore della piazza fortezza dei picchiatori fascisti che hanno occupato la cronaca, non solo politica, del periodo a cavallo degli anni ’60.
Un messaggio forte di uomini che hanno alle spalle i signori che ingrassano con la guerra e odiano, anche perché non sanno a cosa serve, la pace, scatenati a far cadere in errore Gino Strada per poter rinfacciare a lui ogni colpa del rapimento, di quello che è successo o succederà.
Strada, ferito in ogni parte, non ha mai perso la lucidità ed ha risposto sempre con grande forza e puntualità, sfiorando in continuazione la trappola che gli stavano tendendo ma senza mai caderci dentro.
Entrambi gli assalitori si sono dovuti arrendere schiumando rabbia dalla bocca per aver perso una buona occasione per riportare a casa la preda.
Non nascondiamo la nostra sofferenza nel seguire questa scene di caccia cruente, dove uno poteva rendersi conto, dal volto tirato per lo sforzo di difendere la propria identità e dignità, di chi era stato messo lì per essere sbranato, e dai volti incazzati di chi continuava, senza riuscire nell’intento, a tirare per arrivare al colpo decisivo.
La commozione del bravo disegnatore Vauro, espressa alla fine, raccontava tutta la tensione sua e di quanti come noi hanno capito che si voleva infangare la vita di un uomo, proprio perché linda, pulita e, come tale, pericolosa per un sistema che sta crollando anche per colpa degli sprechi, delle tragedie e dei disastri, che hanno e continuano a provocare le guerre.
Un uomo solo, completamente solo, con la sua straordinaria e commovente dignità.
Grazie, dr. Gino Strada, per questa grande lezione che, ancora una volta, hai voluto dare, questa volta con le parole, a quanti non sanno che, nella vita, l’atteggiamento più pericoloso, quello da rigettare, è l’indifferenza. Quella indifferenza che i signori della guerra, attraverso i propri innumerevoli portavoce, provano ad alimentare per avere strada libere da ogni ostacolo.
A Voreie

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