PRIMA DELLA DERIVA

Dell’inchiesta sul Cosib, firmata da Michele Mignogna e riportata su Primonumero, il blog di Termoli, ci ha colpito una affermazione del presidente del Consorzio, Ing. Del Torto, qual è quella che “bisogna fare cassa” se non si vuole il fallimento del Consorzio.
Pensavamo al Cosib, al suo presidente che è anche il referente più accreditato di Comunione e Liberazione nel Molise e della sua Compagnia delle Opere, che trova molto ascolto nell’attuale gruppo di gestione della Diocesi di Termoli-Larino; al berlusconismo, che ha come fondamenta gli affari e, insieme, l’impunità di potere fare qualsiasi schifezza, quando ci è giunta la notizia dell’arresto, avvenuto a Larino, del capogruppo della maggioranza, Aldo Caranfa.
Un soggetto debole, così debole da farsi trovare con le mani nel vaso della marmellata, che, anche se disperato, aveva in sé la quasi sicurezza di poter fare qualsiasi cosa e di non essere punito.
Un soggetto che, però, è stato capace di raccogliere il consenso di un gran numero di giovani, sicuramente deboli e disperati quanto lui, fino a diventare capogruppo di una maggioranza che, con Giardino sindaco, governa - per ora con pessimi risultati - la città di Larino e la sta rendendo poca cosa, incapace di difenderla e di cogliere le sue enormi potenzialità. Soprattutto in un momento come questo, in cui l’utilizzo di queste potenzialità nel campo di uno sviluppo solidale e sostenibile rappresentano la sola e vera certezza del futuro, non solo di Larino, ma dell’intero Molise.
Una notizia, quella dell’arresto di Caranfa, che è arrivata all’improvviso e che ha colpito chiunque vive lo scontro politico a botta di idee e di progetti, di sogni, perché sa che il fatto colpisce l’animo di una intera comunità, che viene, cosi, a perdere quel poco di fiducia che è rimasta nella politica e nei politici.
La sfiducia (è quello che è successo con l’ospedale) porta al qualunquismo e il qualunquismo porta a far credere che sono tutti uguali, ciò che avvantaggia i furbi che, diversamente da Caranfa, vivono il loro momento di gloria proprio con le raccomandazioni e le promesse e non trovano sulla loro strada chi ha il coraggio di denunciarli.
Sarà la magistratura ad accertare i fatti ed a decidere se Caranfa è colpevole per il reato di cui viene accusato. Resta, però, il fatto politico, cioè il ruolo di capogruppo di Caranfa, in pratica della fiducia ricevuta dall’intera maggioranza di centro destra, fatta propria dal sindaco Giardino. Tant’è che l’ha indicato come suo rappresentante all’interno del governo dell’Unione dei Comuni del Basso Biferno, una istituzione che, pur avendo un dialogo fitto proprio con il Cosib, si è guardata bene dall’esprimere un giudizio sulla vicenda rifiuti, a differenza del sindaco di Termoli che, dopo Larino viva, ha detto che i rifiuti devono provenire solo dal Molise e non da fuori regione.
Caranfa rappresenta l’anello più debole di una catena, che dimostra, a vari livelli istituzionali, di essere vittima del potere che rappresenta, convinta che può fare tutto in disprezzo delle regole e, soprattutto, della legge, e, perfino, della Costituzione, che rimane l’unico baluardo della democrazia in un Paese dove monta il pensiero unico.
Una pretesa, quando non c’è addirittura la certezza, della impunità di fronte a qualsiasi reato, piccolo o grande che sia. In questo senso Caranfa, a differenza dei furbi, è un protagonista che diventa vittima della cultura che esprime oggi il berlusconismo. Se ha sbagliato è giusto che paghi la sua colpa. Ma diciamo la verità, tra caste e cricche, raccomandati senza pudori per esser figli o compagni di ministri, la cultura imperante rende, vista la miseria, le tangenti che hanno fatto saltare la prima repubblica, quasi una vicenda romantica di uomini fedeli ai partiti che rappresentavano.
Quanto è successo ieri è solo un sintomo di una situazione che può scoppiare da un momento all’altro, nel momento in cui la politica non dà segnali di ravvedimento e di cambio di rotta, se è vero che Del Torto, invece di dimettersi, ha provato a difendersi senza, però, poter coprire situazioni accertate di rifiuti provenienti da fuori regione, confermate dall’articolo pubblicato da Il Mattino di Napoli, in odore di camorra. Allo stesso modo il sindaco Giardino o, anche, uno dei suoi consiglieri o suoi assessori, che non hanno fatto niente per dichiarare un distacco, esprimere un giudizio, dare un esempio soprattutto ai giovani e dire che il potere non è tutto nella vita, soprattutto quando lo si esprime per eseguire, non un proprio programma, ma gli ordini che vengono da altri. È proprio la pronta adesione al Cosib, per non parlare della vicenda dell’ospedale, a dimostrare questa mancanza di autonomia, che noi riteniamo la ragione prima del soffocamento di Larino. Farsi da parte e, nel contempo, far capire ai larinesi che devono credere nelle proprie forze e nelle proprie virtù, è una necessità se si vuole ridare fiato a una città che merita di tornare al centro della scena politico-sociale-economica, nell’interesse del Molise, che mostra, da tempo, di avere una classe dirigente un po’ troppo distratta. Cioè non nelle condizioni di capire che non è nella pattumiera il suo domani, ma nella biodiversità, nel paesaggio, nell’ambiente, nella storia e nelle tradizioni, cioè nelle ricchezze che il territorio ancora riesce a dare con dovizia di particolari.
A voreie

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