"La cucina molisana, come prendere per la gola chi arriva"


LARINO. Faccio mie le prime righe dell'introduzione a “La cucina italiana – storia di una cultura”, un interessante libro di Alberto Cepatti e Massimo Montanari, Editori Laterza, per parlare della mia terra: il Molise di 136 paesi e piccoli borghi che è anche la regione dei 136 dialetti e delle 136 “cucine e mille ricette”.
La cucina molisana - come la grande cucina italiana - spiega il legame profondo (identità) che essa, grazie ai suoi ingredienti, ha con l’origine, il territorio, cioè il luogo che raccoglie storia, cultura, tradizioni, ed esprime, insieme a ambienti e paesaggi, l’agricoltura, l’attività primaria per l’uomo in quanto fonte di cibo.
Identità che vale anche per me e per tutti quelli che hanno le loro radici ancorate in questa terra.
Il Molise, però, quale terra di passaggio, cerniera tra Centro e Sud Italia, è anche il luogo per eccellenza della transumanza, con i suoi tratturi, tratturelli, bracci, che, a mo di vene, arterie e capillari per un corpo, lo hanno irrorato e nutrito di prodotti e culture impresse da altre provenienze.
Terra di scambio di prodotti, animali e oggetti, ma, anche e soprattutto, luogo d'incontro e di dialogo e, come prima dicevo, di culture in grado di contaminare la cucina molisana senza, però, intaccare la sua identità.
Se la transumanza è l’organizzazione (controllo) che l’uomo dà a quel fenomeno, naturale negli animali, di “migrare” alla ricerca di energie là dove si possono trovare più facilmente, c’è da dire che sono millenni di anni che la cucina molisana subisce le contaminazioni della transumanza nel suo trac-tur (tratturo), cioè andare e tornare, in direzione nord-sud e viceversa, e, non solo, anche delle opportunità offerte dall’Adriatico a est e, a ovest, dalla Campania felix bagnata dal Tirreno.
Una contaminazione continua e, come tale, impercettibile, che arricchisce l’identità senza intaccarla e stravolgerla, come succede per i processi e i mutamenti della natura.
Una cucina che, in questo modo e nel corso del tempo, ha segnato poco la differenza, se non per le quantità, tra quella riservata ai nobili e quella della povertà.
Una cucina che vive ancora il rito dei giorni della settimana e quello delle stagioni, il confronto ravvicinato di quella di terra con quella di mare; ricca di proposte semplici, alcune delle quali forti di peculiarità sia che si tratti di salumi o insaccati, latticini o formaggi, tartufi, vini o oli delicati.
Una cucina all’insegna della biodiversità e di un patrimonio di semi e di tradizioni, cioè degli elementi fondamentali per contrastare i processi in atto di omologazione portati avanti dalle forze che controllano il mercato globale.
Una serie di caratteri che mi portano ad affermare la sua attualità e modernità al pari della “Dieta Mediterranea”, straordinario patrimonio culturale, oggi, dell’umanità, di cui è parte la cucina molisana nonché espressione con dovizia di particolari.
Una modernità che spetta ai suoi protagonisti (ristoratori, chef e istituzioni) mettere insieme e concertare per potere così progettare e programmare, insieme con i produttori, i trasformatori e le istituzioni, una strategia di comunicazione e di valorizzazione che porti questa risorsa della tradizione e, come tale, del territorio molisano a far vivere al Molise la sua identità e, con essa, l'immagine che oggi non ha.
In pratica riempire di profumi, di sapori e di cultura l’immaginario collettivo per organizzare le risorse proprie del territorio molisano (storia, cultura, tradizioni, ruralità, grandi oli e grandi vini, tartufi, pampanella, ventricina, formaggi e latticini) e renderle, così com’è già successo per altre regioni, occasioni di quel nuovo sviluppo di cui il Molise ha urgente bisogno.
Organizzare queste risorse per essere preparati a rispondere alla domanda di un turismo non di massa ma di élite, capace di dare occupazione soprattutto ai giovani; alimentare scambi culturali; salvaguardare e tutelare l’ambiente e il paesaggio; rilanciare l’agricoltura e la zootecnia e far rivivere i 136 paesi e borghi che sono il cuore pulsante del Molise.
In fondo si tratta di mettere in pratica una tecnica consolidata (so che non ha mai sbagliato un colpo) quella di “prendere per la gola” chi arriva in modo da farlo tornare.
pasqualedilena@gmail.com

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