LUCIO DALLA, UN GIORNO ALL’ENOTECA ITALIANA DI SIENA

Mi sono lasciato accompagnare per quarant’anni dalle sue canzoni come a voler incidere le emozioni di una generazione, che ci apparteneva ad entrambi. L’ho seguito nel suo ruolo di maestro all’ultimo festival di Sanremo e l’ho  applaudito, come sempre, per  il tema non facile, le parole della sua canzone e la musica mai ripetitiva, mai banale.

Ora la notizia della sua morte che mi fa vivere il dolore che si prova per la perdita di un amico, di una persona cara. Insieme alla tristezza della notizia torna il ricordo di una intera giornata trascorsa insieme a Siena,quando l’Enoteca Italiana, che dirigevo, l’ha voluto premiare con il suo riconoscimento più prestigioso, il “Dioniso d’Oro”, che, prima di lui aveva ricevuto, i992, Luciano Pavarotti, il grande tenore,  e, nel 1993, Salvatore Accardo, il grande violinista.
L’incontro alla entrata della Fortezza Medicea con il brindisi di benvenuto  all ‘Enoteca che l’aveva subito incantato con le sue volte in mattoni, i suoi antichi terrazzi, l’esposizione dei migliori vini italiani. Ricordo la sua meraviglia, alla fine della discesa delle scale che portano ai sotterranei,  alla vista delle bottiglie esposte nelle teche nate nel 1960 per dar vita alla prima esposizione permanente come seguito della prima e più importante “mostra mercato dei vini tipici e di pregio d’Italia”, nata nel 1933. Una iniziativa che non poteva  non nascere che in quella terra magica che è la Toscana, con Siena assoluta protagonista dei successi e della fama dei nostri vini quale prestigiosa capitale, da sempre, della qualità  e della immagine della vitivinicoltura italiana.
Le sue domande seguivano i passi del mio racconto ed a me sono servite a togliermi l’imbarazzo iniziale, aiutato anche dal suo amico architetto che l’aveva accompagnato da Bologna a Siena.
Dopo l’Enoteca e la Fortezza, la Lizza, piazza Matteotti, il Monte dei Paschi, via di Città, piazza del Campo, il Palazzo pubblico con la torre del Mangia e all’interno la Sala dei Nove con il dipinto di Ambrogio Lorenzetti a rappresentare l’allegoria del Buon governo  al quale ha dedicato tutta la sua attenzione rimanendo per lungo tempo in silenzio ad ammirare la grande parete dipinta.
Una giornata in giro per Siena a parlare come vecchi amici di questa stupenda città, del Palio, dei suoi monumenti e dei suoi palazzi, dell’affresco del Buongoverno, di musica e di poesie, di vino e del buon mangiare. 
Per il pranzo non avevo prenotato perché volevo non sbagliare, e così,  quando ho capito che era persona curiosa, amante della buona tavola e della convivialità, gli ho proposto una trattoria aperta da poco da un giovane e lui, dopo aver chiesto il consenso dell’amico architetto, ha accettato con entusiasmo.
Poi la sua emozione al momento del ritiro del Premio al Teatro dei Rinnovati in occasione della inaugurazione della  XXVIII  Settimana dei Vini di Siena, quella del 1994.
Da quella sera non ci siamo più sentiti, anche se sono  stato tentato più di una volta di disturbarlo in uno dei suoi passaggi a Termoli per le Tremiti,, ma solo per un saluto.
Alla fine della cerimonia è ripartito e, prima di salutare me e il presidente Riccardo Margheriti, ci ha ringraziato per la ospitalità ricevuta e, soprattutto, per essere stato accompagnato alla conoscenza dell’universo vino, così  ricco di cultura e di valori. “Se prima lo bevevo  e basta- ha detto- ora lo amo”.
pasqualedilena@gmail.com

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