UN SALUTO AL PRIMO MAGGIO

Firenze, 30 Aprile 2012

Caro Pasquale,

ti ringrazio molto. Anche per aver riportato una mia frase (e una foto) sul tuo blog molto bello.

Domani è il primo Maggio. Festa del lavoro. Siamo tornati al “pane e lavoro” delle lotte nel dopoguerra.

Innanzitutto il lavoro manuale a torto deprezzato. Tempo fa dovevamo presentare al mio club fotografico immagini sul lavoro. Ne scelsi una che mostrava solo due mani che lavoravano un oggetto alla luce di una lampada. Volutamente, avevo escluso tutto il resto: solo le mani al lavoro.

Avevo spiegato che l’evoluzione umana è iniziata grazie alla trasformazione delle zampe anteriori in braccia e mani. Solo dopo è venuto il cervello. Senza la funzione prensile delle mani che potrei fare? Che potrebbero fare il manovale, il contadino, il violinista, il pittore? Nel nostro cervello gran parte dell’area motoria deputata ai movimenti muscolari è riserbata alle mani.

Non ho mai capito per quale ragione l’uomo tenda a non apprezzare ciò che gli consente di vivere: l’aria, l’acqua, la terra. E il lavoro manuale. Quello del contadino, quello dell’artigiano. Quello delle casalinghe, quello dell’operaio. L’uomo sta svilendo il suo corpo. Ripudia il sudore e la fatica. Non infiacchisce solo il suo corpo ma anche il suo spirito: vanno di pari passo. Lucida le sue macchine, ingioiella la sua casa.

Del suo corpo fa un manichino da coprire, da profumare, da imbottire. Da tradire.

Il primo Maggio: forse ci eravamo illusi di aver superato le lotte per il lavoro. Anzi, qualcuno si era illuso di poter fare a meno del lavoro. Non solo quelli che campano sul lavoro degli altri ma quelli che confidavano nelle macchine che altro non sono che le periferiche delle nostre mani.

Il primo Maggio chiamava i lavoratori a unirsi, a gridare il loro ruolo fondamentale. Si tentò talvolta di soffocare quel grido assoldando banditi. Non funzionò. Si è tentato di assopire gli spiriti con qualche pezzo di pane. Le piccole false pensioni pensioni di invalidità, le promesse di un posto di lavoro magari inutile.

Il lavoro non solo dà sostentamento. Dà dignità e libertà. Dà creatività. A patto di non essere trasformato in schiavitù, di non diventare un’arma di ricatto: non sarebbe più lavoro ma prigione, depredazione.

La finanza umilia il lavoro, illude l’uomo.

Vorrei che il primo Maggio diventasse simbolo del lavoro giusto, adeguatamente retribuito, non esasperato, scevro da ricatto. Nei momenti più difficili l’uomo si trova a un bivio: o diventa vittima di chi lo illude con false promesse e si perde, oppure si riscatta e diventa protagonista di una rinascita.

A volte le crisi sono come il fuoco nel bosco, lo distrugge ma gli permette di rinnovarsi. In questa nostra società che sembra allo sbando, disorientata e avvilita, credo di intravvedere un risveglio.

Con queste idee forse un po’ confuse saluto il primo Maggio.

Le confido a te in ricordo dei tanti discorsi che facevamo quando certi simboli facevano da bussola alle idee e alle speranze. A volte i simboli possono cambiare ma idee e speranze sopravvivono.

Il primo Maggio rimane un simbolo vivo, un segno di speranza e di protesta, un ponte tra ieri e oggi.

Che ne sarebbe, altrimenti, dell’uomo?

Un abbraccio

Nicola
LE TRE FOTO QUI PUBBLICATE SONO TUTTE DI NICOLA PICCHIONE - RISERVATE

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