IN UN BRODO DI GIUGGIOLE



Scopro, per pura curiosità e voglia di sapere come si fa il tanto declamato “brodo”, il Giuggiolo che botanicamente prende il nome di Zizyphus vulgaris. Originario della Siria  appartiene alla famiglia delle Rhamnaceae da oltre 4 mila anni. Fino a qualche tempo fa un frutto che era nelle case delle famiglie contadine al pari delle sorbe, nespole,  cotogni e mele dai nomi più disparati, da qualche decennio è diventato raro tanto da non trovarlo sul mercato se non in quelli dei paesi dei Colli Euganei nel padovano, in particolare ad Arquà, la cittadina che prende il nome di Petrarca che l’ha scelto come sua residenza.

Qui, come in tutto il Veneto, è noto con il nome di zizoa richiamando la parola che hanno dato i romani a questo delizioso frutto che, si dice, sia generoso di panacee salvo (ma non è certo) a far calare di tono l’appetito sessuale…..per chi cel’ha!. Un dato che non giova alla sua fama di frutto salutare per l’uomo.

Fa bene al fegato, rilassa, aiuta il sonno e, diversamente dalle sorbe, ha effetto lassativo.

Noi, a La Casa del Vento, abbiamo piantato un esemplare di questo arbusto dai rami spinosi che fanno, ve lo posso assicurare, davvero male se ce li avete a portata di mano, o meglio, di gambe. Ha attecchito e cresce in compagnia di un mandorlo (questa parte de il Monte e de La Casa del Vento è la terra dei mandorli e degli olivi che danno olio ottimo) e di un fico, non lontano da un gelso e un melo.

Quest’anno era strapieno vendo avuto il tempo di allegare tutti  i suoi bei fiori gialli.

Si possono fare composte, marmellate, ma ho deciso di provare a fare( fra un mese o due quando lo assaggerò vi racconterò), quel tanto citato “brodo di giuggiole”, così buono da far diffondere ovunque il detto “essere in un brodo d giuggiole” cioè al massimo del piacere e della felicità.

Pensate,  cosa può fare un modesto sciroppo  di un frutto di un arbusto pungente che si mangia maturo e si usa anche quando è appassito.

 

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