Il grande successo del vino italiano in America


A cavallo degli ani ‘70/’80 ci aveva pensato il Lambrusco delle Cantine Riunite a diffondere il gusto del vino negli Stati Uniti. Una straordinaria opera di penetrazione in un mercato abituato a soft drink e superalcolici, non al vino, con il Lambrusco, pioniere del vino italiano, che arriva alla massa dei consumatori e non più solo a una élite abituata a consumare soprattutto vini francesi e, insieme, quelli californiani.

Una straordinaria opera che doveva essere ripetuta sui nuovi mercati, in particolare quelli noti come BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), che, con una popolazione superiore ai 2, 8 miliardi, rappresentano il 40% di quella mondiale, perché avrebbe facilitato il percorso delle nostre esportazioni di vino in questi Paesi.

Il 1985 è l’anno della svolta, con i grandi produttori italiani che, spinti dall’allora direttore dell’Ice di New York, Livio Caputo, danno vita all’Italian Wine % Food Institute e promuovono il 1° “Gala Italia”. Un avvenimento che si ripete ogni anno a febbraio, con l’ultimo dedicato a “I trent’anni  di storia del vino italiano in America,” organizzato con Verona Fiere -Vinitaly e, come sempre, sotto l’alto patronato dell’Ambasciata Italiana e il patrocinio dell’Ice. L’Istituto italiano per il commercio estero che, a New York, al vino italiano aveva dedicato in Park Av., un’Enoteca, che resterà aperta per alcuni anni.

Non era l’Enoteca Italiana di Siena, che, allora, ancora si chiamava Enoteca Italica Permanente, ma una bella esposizione che, fino a quando è rimasta aperta, ha dato una grossa mano al ruolo importante svolto dall’Ice nel campo della promozione e della valorizzazione dell’enogastronomia italiana.
La struttura senese, presieduta da Riccardo Margheriti, arriva poco dopo, 1987, sulla spinta del successo ottenuto nella sua prima attraversata dell’Oceano Atlantico, fino allo sbarco a Vancouver sul Pacifico, nella lontana provincia della British Columbia. La partecipazione, 1986, dopo  l’anno dell’Expo nella bella  città che doveva ancora festeggiare i suoi cent’anni di vita, alla prima edizione della Food Pacific. Una mostra abbandonata dalle aziende italiane dopo i fatti tragici del metanolo con il vuoto magnificamente recuperato dall’enoteca Italiana alla sua prima esperienza in una grande mostra all’estero.
 Negli Stati Uniti l’Enoteca, approfittando di una seconda missione in Canada con un’iniziativa che aveva tenuto a Toronto,  arriva alla fine di quell’anno con una semplice visita di ricognizione, per poi progettare e programmare iniziative nell’anno successivo e in quelli seguenti. Iniziative realizzate con il contributo del Mipaaf e il patrocinio dell’Ice e dell’Alitalia, prima a New York e, poi, anche in altre città dell’est e dell’ovest degli Usa, come Boston, Washington, Atlantic City, Charlotte in Nord Caroline, Palm Spring, Palm Desert e San Diego in California.
All’inizio della bella avventura vissuta dall’Enoteca in America  gli incontri con i ristoratori italiani e le iniziative nei loro ristoranti sempre più punti di riferimento, anche dei consumatori americani.
Poi, i seminari sui vini Doc e Docg organizzati con Marina Thompson per spiegare il significato di questi acronimi, in particolare della Docg (denominazione di origine controllata e garantita) che aveva avuto nel Vino Nobile di Montepulciano la sua prima esperienza nel 1983 e, poi, nel 1985, il grande lancio di questa nuova denominazione con l’uscita del Brunello di Montalcino e la grande festa al Teatro degli Astrusi della città del più famoso vino italiano al mondo.
In una fase successiva la scoperta, grazie a un personaggio di madre friulana e di padre molisano, Frank D’Addario, dei Country club americani dopo l’incontro a New Haven, proprio di fronte alla sede dell’Università di Yale, con il vice presidente della più prestigiosa associazione di questi luoghi vissuti quotidianamente dall’americano, oltre che per tutte le grandi occasioni, dove non c’era non solo il vino ma nemmeno un prodotto italiano.
 Grande impatto mediatico, la presenza al torneo di golf organizzato da Frank Sinatra, che vedeva protagonisti le più grandi celebrità del mondo dello spettacolo, dello sport, della politica americana e la serata di gala nel ranch del grande cantante con ospiti illustri invitati e con ospiti paganti la bellezza di 25mila dollari destinati a beneficenza.  Ed, infine, dopo le mostre e le fiere del cibo, come quella di San Diego in California, le degustazioni a Palm Spring al suono e al canto di una band di musicisti e cantanti, tutti di origine italiana guidati da Frankie Randall, il pianista che ha rallegrato più di qualche serata delle Settimane dei vini agli inizi degli anni ’90.
Non meno incisiva l’ospitalità a Siena, soprattutto nella “Settimana dei Vini”, di decine e decine di giornalisti dell’enogastronomia americana- fra i tanti, Fred Plotkin, l’autore di numerosi libri di successo sul cibo e mangiare italiano- oltre a personalità e personaggi che, con l’Enoteca e, a partire da Siena e dalla Toscana, hanno conosciuto il mondo del vino italiano.
Un contributo d’immagine e, con le sue famose pubblicazioni, soprattutto di cultura, che è parte di quel successo che vede, oggi, il mercato americano il più importante per i vini italiani, sia per quantità sia per valore. Oltre 2 milioni e 400mila ettolitri, pari al 28% del mercato del vino e al 34% del totale delle importazioni americane di vino, come dire che un vino su quattro in circolazione negli Stati Uniti parla italiano e di quelli importati, addirittura uno su tre. 
Un valore di 1,300 miliardi di dollari, che sono (trasformati in euro) una fetta consistente dei 5 miliardi e poco più di euro del valore complessivo dell’esportazione di  vino italiano esportato nel 2014 e dei 34,3 miliardi di quella dell’intero agroalimentare, che, a dispetto dei proclami del superamento della pesante crisi, è risultata  l’unica nota positiva registrata lo scorso anno.
pasqualedilena@gmail.com

 

 

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