i Consorzi di Bonifica, che farne?

di Giorgio Scarlato
La Regione Molise, da decenni, continua a rinviare la discussione circa le innumerevoli criticità dell'ormai, "sistema", ahimè, dei consorzi di bonifica del Basso Molise, da svariati anni fallimentare ( molti li chiamano "carrozzoni"). Inerzia voluta? Disinteressamento?
Dallo  scorso gennaio  sono commissariati. Il presupposto? La situazione debitoria che, a detta di qualcuno, è preoccupante. 
Il principale motivo? Il costo dell'energia elettrica per "pompare" l'acqua in quei lotti irrigui dove l'acqua viene sollevata per renderla fruibile al produttore di colture , siano esse orticole, vitivinicole, frutticole, o altro.
  In quest'ultimi tempi, carta stampata, Tv regionali e, viste le ormai vicine prossime elezioni  regionali, anche da personaggi politici, se ne stanno interessando circa le lamentele di molti cittadini di diversi Comuni facenti parte dei comprensori di bonifica.
Tanti "consorziati obbligati" stanno ribellandosi a questo stato di cose per:
a) l'obbligo a pagare tributi consortili per servizi inesistenti (manutenzione della rete scolante);
b) i  "presunti benefici" riguardo il servizio irriguo in merito, specificatamente, ai costi di produzione e i relativi ricavi, della serie, se conviene produrre o no. Però c'è la gabella fissa del tributo irriguo           dei 90,00 euro/ ettaro.                              
Quali i principi di efficienza, efficacia ed economicità visti nell'ottica della redditualità per il consorziato obbligato circa il beneficio irriguo per le derrate prodotte a prezzi infimi, da Terzo Mondo?
 Questi sono i quesiti  per i quali si chiedono risposte. 

Si continua a ribadire quanto più volte già affermato. Nella situazione di precarietà economica e di vessazione, grazie a questa crisi neoliberista globalizzata che il mondo agricolo sta subendo da quasi 18 anni,  chiedere ai più deboli il pagamento di queste gabelle, è davvero di quanto più iniquo potesse succedere. Altro che vicinanza!
Quale il ruolo dei consorzi, le loro funzioni o meglio il  piano strategico della loro operatività riguardo la manutenzione, ordinaria o straordinaria che sia, del reticolo scolante idraulico ed i corsi d'acqua atto a prevenire il rischio idraulico dei comprensori di appartenenza? Quale la prevenzione per la sicurezza idrogeologica?
La  realtà?  Cercano di "campare", "tutti" alla giornata.  Poi si vedrà. E intanto i problemi restano.
In simile maniera i consorzi non possono essere tenuti in vita e la politica regionale, tutta, ha la responsabilità morale oltre che politico-amministrativa, il dovere di porre rimedio, ridisciplinando e ridefinendo i compiti e le disposizioni per i quali gli enti di bonifica sono sorti; se si vogliono tenere in vita. Devono dare risposte ai problemi reali.
Chi di dovere deve essere convinto che questi tributi (il 630, quello di miglioramento fondiario e il 750 quello d'irrigazione), soprattutto il primo, non è altro che una ulteriore tassa mascherata, visto che è coperto dalle tasse che il cittadino già paga.

Un esempio.
Che differenza passa  tra la manutenzione di una strada provinciale, ed un canale di scolo delle acque meteoriche che attraversano un'azienda agricola in pianura, tutte e due opere pubbliche, costruite con la fiscalità generale?
Perché la manutenzione della prima è a carico della fiscalità generale mentre il secondo è anche a carico del proprietario-confinante con un ulteriore tributo, quello della bonifica, visto che "raccoglie" le acque meteoriche da Comuni a svariati chilometri di distanza?
Qual'è la sua colpa se i canali si riempiono di detriti portati , si ripete, da monte e da km di distanza?   Il proprietario non solo ha messo a disposizione i suoi terreni per il bene comune ma  spesso si ritrova pure con ingenti danni dovuti ad  allagamenti causati  proprio dalla mancata manutenzione dei canali. E' sconcertante, ma capita spesso. Questo è il beneficio consortile per il quale si è obbligati pagare?
E', o no, un contributo "inventato" di sana pianta? Quale miglioramento fondiario!
Ci sono sentenze di Cassazione, di Commissioni Tributarie sia provinciali che regionali che precisano e specificano cosa s'intende per beneficio.
Non è il caso di addentrarsi in quest'altro ginepraio. Problema che potrà essere portato in discussione in  un'altra occasione.
Per benefici, il consorzio dovrà soprattutto "spiegare" sia l'aspetto tecnico che quello specifico su ogni singolo immobile sul quale chiede il tributo e concede il beneficio. Lo ha mai fatto, lo fa, lo farà? Lo menziona lo stesso Piano di classifica per il riparto della contribuenza.
Il tutto è correlato proprio al rapporto costo (soldi che paga il consorziato) e beneficio (che dice di fornire l'ente consortile). Se ciò non si verifica o è negativo per il secondo, è inutile proseguire.

Si chiede:
Il compito di manutentere e mettere in sicurezza i corsi d'acqua, fiumi compresi, alias sicurezza idrogeologica, non fa capo allo Stato, alle Regioni; non certo ai cittadini che già pagano le tasse?
Le risorse per questi interventi devono essere previste all'interno dei bilanci dello Stato, delle Regioni, quindi  con fiscalità generale; o no?
L'ente di bonifica dovrebbe essere il braccio operativo delle regioni o operano altri enti,  tante "scatole cinesi"? Se si, quanti e quali sono?  Servono? Quali i costi?
Da mesi, si ripete, sono commissariati e si è in attesa dell'ennesima legge di riordino ma  nel vero senso della parola; con funzioni, responsabilità, deleghe e controlli. Quando si dovrà aspettare ancora?
Se non svolge le funzioni per cui è sorto, o sono esauriti i suoi compiti,  a cosa serve tenerlo ancora in vita?
Non si possono tenere in vita, sulle spalle dei più deboli, le fallimentari strutture consortili a prescindere dalla ricezione, da parte dei "consorziati obbligati" di reali benefici!

Qui entra in ballo la decisionalità politica dell'intero Consiglio regionale e l'impegno, quello vero, il senso di responsabilità per la risoluzione del problema. Così come sono strutturati non servono certamente al mondo agricolo; "servono" ad "altro" o ad "altri", come è successo già in passato (e tanti lo sanno). Possono essere chiusi. 
Qui sta la politica con la P maiuscola. Decidere cosa fare e subito.
I problemi si devono affrontare e non aspettare che, poi, altri lo facciano.

Il "cafone" con la "sua" crisi, che non può "scaricare" su nessuno e i "suoi" problemi economici che l'attanagliano a causa dei prezzi bassi delle derrate che produce, visti i "benefici reali" (?) , a questo punto può interessargli non più di tanto il tenere in vita un ente che, forse, lavora per altri e non per tutti; tanto meno pagare queste gabelle.

Se per il mondo politico questa questione non è prioritaria, vuol dire che davvero il mondo agricolo del Basso Molise è tenuto in scarsa considerazione.  
 Si badi bene. Qui è messa a repentaglio non solo la tenuta in vita di un'azienda agricola, ma la stessa tranquillità famigliare.

Termoli, 04  ottobre 2017                                                    
                                  
                                                                                                  

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