Post

poesie tradotte da giuseppe ciarallo scrittore

A bbellezze Cuoie a rose Cuencè, è bbelle, è troppe bbelle. ‘Statte accorte però ca pongeche. U sacce ca tu u sì, tutte quante u sanne, ma so poche chille che ‘nze pongechene. La bellezza Cogli la rosa, Concetta, è bella, è troppo bella. Stai attenta però a non pungerti. So che lo sai, tutti lo sanno, ma pochi sono quelli che non si pungono. U ‘mbriache Une che tè a pèlle Ze recanosce da lentane Camine ca cocce eccecquate I vracce n’eccone allargate I cosse mèzze scacchiate. A vije pe isse è sempe ‘storte Sbattenne da na parte e n’ate. Te cride ca cade ma nen cade. Ogne tante aveze a cocce pe ll’arie Come pe recchiappà u’hiate. E’ n’ome sule Che zà fatte amiche u bicchiere Pe levarze d’a cocce i penziere. Eppene t’encontre ze mette e parlà Prime zitte zitte, pù e voce avete Facenne ennanze e rrete Che nu trascorse che ze repete. L’ubriaco Uno che ha la ciucca Si riconosce da lontano. Cammina a testa bassa, braccia larghe E gambe aperte. Per lui la via è sempre storta, sbattendo a dest

IL MITO qua e là 73

Quando 4 mila persona sono tutti d’accordo e applaudono c’è qualcosa che non va per la democrazia di questo nostro amato Paese, nelle mani di uno che, non a caso, subito ne approfitta per dire che ha bisogno di avere, come capo del governo, più poteri nelle sue mani. In pratica, la possibilità di fare quello che vuole non solo di tutti noi, ma delle regole fissate dalla Costituzione, che sono alla base della vita democratica che ha fatto crescere questo Paese negli ultimi 60 anni. Lo dice entusiasmando i 4 mila che lo trattano come un idolo, un mito, di cui non ne possono più fare a meno, visto che ormai è dentro di ognuno con le sue televisioni fatte di idiozie, banalità, schifezze, merda, tutto ciò che emana puzze insopportabili che servono per non correre il rischio che qualcuno dei 4 mila, e non solo, possa avere la tentazione di pensare. Pensare è un optional che se lo possono permettere in pochi, visto che a pensare ci pensa lui e qualche altro, soprattutto in Parlamento. Tant’è

QUANDO LARINO....

Quando Larino aveva molte cose importanti da insegnare agli altri traeva la sua ispirazione dal suo territorio e dalla sua agricoltura. Alla fine dell’’800 era una capitale dell’agroalimentare italiano, con i suoi “Premiati Mulini e Pastificio S.Rocco, di Ernesto Colagiovanni; i suoi quasi trenta frantoi, con quello di Iapoce appiccicato alla parete de “il Monte” che raccoglieva medaglie, soprattutto con il suo olio al limone; la nascita della elettricità con i Battista che arrivano fra i primi in Italia a offrire la nuova energia, quella elettrica, e a determinare una svolta nel campo delle attività industriale. Un territorio che metteva a disposizione, insieme all’acqua, la statale n° 87, una dorsale che oggi offre agli escursionisti la possibilità di ammirare paesaggi mozzafiato, entrare nel cuore verde del Molise e godere la natura in ogni stagione; la ferrovia che, ancora, affianca la 87 e la attraversa in più punti. Un’agricoltura che offriva il suo olio “Gentile di Larino”, fatt

Il mondo dell'olio cerca nuove strade. Per non soccombere

Soluzioni alternative ve ne sarebbero, ma occorre più coesione e un percorso comune condiviso. L'idea di predisporre un grande parco di olivi nell'ottica di un museo a cielo aperto, può forse risolvere molti tra i tanti problemi di natura commerciale. Sarà così? di Maria Carla Squeo Da sinistra: Politi, Caricato, Di Lena, Lombardo Le buone performance ottenute a Trieste in occasione di "Olio Capitale" lasciano ben sperare. Certo, è pur vero che il momento attuale non è tra i più facili, ma quanto meno non c'è aria di resa. In più c'è da dire che il mondo dell'olio, trovandosi in uno stato di perenne e strutturale crisi, forse resiste meglio di altri settori alle incertezze dell'economia mondiale.Di sicuro, il sorriso gonfio di speranza che si vedeva impresso sulle facce di alcuni produttori lascia ancora aperto qualche spiraglio, non dico per una possibile svolta, ma almeno per una soluzione più positiva di quanto ci si possa attendere. C'è stato u

GIU’ LE MANI DALLA TINTILIA

Abbiamo raccolto da più voci alcune notizie, non belle, riguardanti la Tintilia, il vino testimone assoluto del territorio molisano, quello che ha permesso, con il suo rilancio attraverso l’inserimento nella Doc “Molise”, di dare quella identità, che non aveva mai avuto, la vitivinicoltura molisana e, con essa, il suo agroalimentare. Un duro e paziente lavoro per riportare alla memoria dei molisani, soprattutto delle aree interne, il vino che, proprio qui, nessuno chiamava vino, ma “tentije”, portato avanti prima da qualche pazzo per la propria terra e poi dalla Università, fino alle prime bottiglie della Masseria Di Majo Norante, che hanno saputo suscitare interesse e attenzioni. Per poco, visto che era rimasto solo qualcuno a coltivare le vigne di Tintilia. Un successo che porta alcuni viticoltori a vinificare in proprio, togliendo però a Di Majo, in mancanza di materia prima, la possibilità di continuare in questo suo pregevole lavoro di promozione. A Di Majo si sostituiscono giovan

n.70 - VIAGRA

Immagine
Oggi si è scoperto che Umberto Bossi, il capo dei leghisti – sfascisti, ce l’ha duro e, con lui ce l’hanno duro tutti i padani perché usano la pillola blu, volgarmente detta Viagra, ben tre volte in più dei meridionali. Tre volte in più, badate, è solo una media, ma significativa, come ha detto, “Capa”, che sta per Caparini uno dei tanti leghisti pensiero solo perché con la cravatta verde e il fazzoletto verde nel taschino, per dire che quelli del Nord hanno bisogno di stimoli e di supporti per fare la cosa più naturale al mondo, l’amore. Al nord non conoscono il peperoncino, il sedano, il sole, il dialogo, in parole povere “u ggire”, che ti portano a pensare e desiderare e poi a fare. Pensano solo a lavorare, e, lo fanno non tanto per vedere come arrivare a fine mese, ma a come accumulare qualche spicciolo per comprare il Viagra, dalle soluzioni miracolose per chi ha scarsità di fantasia e non sa cos’è l’emozione che solo l’amore ti può dare.È questa la notizia che più ci ha colpito

n. 69 - San Parde e San Premeiane

SAN PARDE ESAN PREMEIANE E’ passate l’une de nòttea campane sóne e s’devalluneSan Parde à già saletate San Premeianeprime che n’abbracce e pu che na s’trettede mane.Ze so ditte duie paróleveloce velocen’eccòne p’u callen’eccòne p’a s’tanchezzen’eccòne p’u suonnema maggiormènte pe nu delòrenu delòre de spalle pe nu colpe d’areiedurant’a precessiòne. “A seletudene-à ditte San Premeiane- èna brutt’a bes’tie che nen te fa dermìp’i tropp'a penziere che tì” “Duorme Nanù - ha respuos’te San Parde- cademane è fes’teè na iernate tos’te se ce s’tà u sòle,comunque te pu recreià pe cuant’a gènte te vé e demes’tràu bbéne,a deveziòne” “Pe me ?”“Pe te Nanù”“Buonanòtte Pardù.”Encòre n'i capiteca se tu te facive i fatte tiieé te ne s’tive nu paèse tiiea cattédràle mó ze chiàmavea chiése de San Premeiane,a precessione ma facève da suleinvéce de campà nu campesantecóme nu cane sènza nesciune.” Ci è caduto nelle mani il foglietto che riportava questa poesia in dialetto che, per noi che veniamo dal