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A paure

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  Cuanne scennie u sòle, e u sòle scennie e nghiane sèmpe maie, però, nu s’tésse punte nu s’tésse memènte, pe n’atteme ze sènte nu selènzie ch’éllucche ze lamènte come nu s’trazie forte che te rès’te dend’a mènte. E’ a tèrre che nen ne po’ chiù té paure da nòtte, dù scurdele ch’érrive, ma èncòre de chiù de l’ome c’a pèrse a raggiòne e scave, rombe, mannie, reiette, pègge de cuille de prime   La paura Quando scende il sole/e il sole scende e sale/sempre/mai però nello stesso punto/nello stesso momento/per un attimo si sente/un silenzio che urla/si lamenta/un forte strazio/che resta nella memoria//E’ la terra/ che non ne può più/ha paura della notte/ del buio che arriva/ma, ancor di più, dell’uomo/che è impazzito e scava,/distrugge, divora, vomita, /peggio di quello che c’era prima. Gennaio 2015 - pasqualedilena

Ma l'olivicoltura italiana ha ancora un valore?

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  di Pasquale Di Lena                 Con la terribile raccolta delle olive del 2014 i nodi sono arrivati al pettine di un comparto che ha bisogno ora di scioglierli tutti. Nodi propri e nodi ereditati dalla crisi dell’agricoltura, che si sono formati e ingrossati nel corso di tanti anni a causa di numerosi e pesanti limiti politico – amministrativi, oltre che culturali.   C’è chi ha pensato di scioglierli puntando tutto sulla possibilità di raccogliere olivo e olio in tutto il Mediterraneo affidando tutto alla grande capacità di blending dell’industria olearia italiana e, in seconda battuta, indicando al mondo dell’olivicoltura la scelta degli impianti super specializzati spinti dalla Spagna che, a loro parere, dovrebbero fare i miracoli. Altro che miracoli, così si distrugge solo quel poco che è rimasto e che serve per ripartire! Il pensiero diffuso fino ad ora è tutto rivolto alla quantità, lasciando a quel poco che resterà dell’olivicoltura tradizionale, il compito di fare

IL “MOLICASEUS” DELLA SCUOLA DEL GUSTO

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il dirigente Santella  Sebastiano Di Maria   Se il buongiorno si vede dal mattino quello di ieri, che ha visto l’apertura del terzo appuntamento con la Scuola del Gusto, è stato non solo un buongiorno bello ma ricco di straordinarie e importanti riflessioni che hanno riguardato l’agroalimentare, con il mondo dei formaggi protagonista. Un mondo complesso, ricco di storia e di cultura e, nel caso del Molise, di antiche tradizioni e usanze, come quella della transumanza che, nel corso di millenni,   ha reso il Molise una terra di passaggio in quell’andare e tornare (trac-tur) alla ricerca del cibo, dell’alimento, quale primaria energia per gli animali come per l’uomo. Serena Di Nucci Dalla transumanza alle stalle a stabulazione fissa; dall’agricoltura contadina a quella industriale, soprattutto alla vigilia della fine delle quote latte decisa dall’Europa che aprirà a forti concorrenze con il rischio di profondi mutamenti dello scenario della zootecnia italiana, in p

Per i nostri giovani il ritorno alla terra è una speranza non una realtà

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di Pasquale Di Lena Guardando oltre la propaganda dell'assalto alle campagne ci sono le difficoltà quotidiane di cavarne un reddito. Due dati su tutti: su 100 anziani alla guida delle aziende agricole, sono 14 gli under 40; solo il 5% dei giovani prende in mano l’azienda agricola di famiglia               E’ la fatica di arrivare ad avere un reddito, con tutte le responsabilità che richiede la gestione di un’azienda agricola, quello che allontana i giovani dalle campagne o non li porta (aldilà della facile propaganda di un ritorno alla terra) a scegliere l’agricoltura.   Il boom delle iscrizioni di tanti giovani agli Istituti tecnici e alle Facoltà di agraria e forestali non spiega, se non nei termini di proiezioni nel futuro, il ritorno alla terra dei giovani. Questi giovani possono arrivare a un diploma o a una laurea quando l’agricoltura sarà poca cosa, soprattutto per colpa di una scelta che sta andando avanti, invece di essere cancellata, che è quello del furto con

MOLISE SI, MOLISE NO

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 l ’incoscienza di chi governa sta nelle decisioni prese senza rendersi conto delle conseguenze. L’esempio dell’azzeramento delle Province o del loro ridimensionamento, dà il segno dell’improvvisazione e dei rischi che corre l’assetto istituzionale, in mancanza di una serie analisi e un’altrettanta seria riflessione sugli aggiornamenti da apportare per rilanciare il ruolo fondamentale di ogni istituzione in uno più stretto rapporto tra le stesse. Quella del cuci e scuci è la peggiore operazione che si possa fare, soprattutto quando non si tiene conto del quadro generale. Ce lo dice proprio questa operazione smantellamento province quando, dopo aver messo in moto azioni che hanno impegnato gli amministratori in carica, impaurito i dipendenti e bloccato le iniziative programmate da ognuna delle istituzioni coinvolte, fa capire che si è perso solo tempo e creato tanta   di quella confusione che ha portato ancor più a peggiorare la situazione. Di queste riforme non ha bisogno un Pa

NO, U SOLE N'E' S'TATE

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  No, u sòle n’è s’tate E s’tate a tèrre che z’a serchiate tutt’a a néve c’ù iuorne prime a menate. Ecche pecché “sotto la neve pane” e, ‘nvece, “sotto la pioggia fame” L’accue da néve ne scorre è nu surse che scennie fine e teccuà i radeche chiù è funne entrà dend’i sprefunne che fanne da cestèrne è u munnne pe pù renghianà chiane chiane. È l’accue che devènde sergive,fonte, suleche, cigne, ‘hiume, e dapù mare, nen sule na ‘hième, nu canale. Chiù nève fa e chiù a cercuele, u uelive, u grane ze sèntene secure du demane Epifania 2015 - pasqualedilena@gmail .com No, non è stato il sole No, non è stato il sole//E’ stata la terra/che si è bevuto a sorsi tutta la neve /che il giorno precedente aveva fioccato//Ecco perché “sotto la neve   pane”/e, invece, “sotto la pioggia fame”//L’acqua della neve non scorre/ è un sorso che scende fin a toccare le radici più profonde/entrare dentro caverne/ che fanno da cisterne per l’umanità/ per poi risa
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I uelive gentile de larine   Nghianene da tutt’i parte i uelive gentile de larine e pù èscenniene da u Monte, u Metaròne e Mont’Arcane chi vèrse u cigne, chi ebballe pe uelivele,   chi nu vallòne da terre, tra cercuele, cagge, ulme, ruve e ienes’tre, sparene e marganare. T’ènne voie d’èrrevà nu Befèrne pe sentì i frusce di salénnie, a ddòre da lecuerizie. Iie   mi uarde da matine a sère e sule chi ne capisce cuille ch’u uelive dice po penzà ca u miie è nu vizie   2 gennaio 2015       Gli olivi gentili di Larino Salgono da tutte le parti /gli olivi gentili di Larino e poi scendono /dal Monte, il Monte Arone, e Monte Arcano /chi verso il Cigno, chi giù da Olivoli,   /chi nel vallone della Terra.// Hanno voglia di giungere al Biferno /per ascoltare le foglie dei salici,/ l’odore della liquirizia.// Io me li guardo dalla mattina alla sera /e solo chi non capisce ciò che l’olivo racconta /può pensare che la mia sia una fissazione.